Ciao a tutti.

Ho creato questo blog allo scopo di condividere con voi la mia passione per la scrittura e per le ragazze dotate di seni fuori dal comune.Ho scritto un romanzo, Lisa & Milena, che pubblicherò a puntate, capitolo per capitolo su questo blog.
Confido nei vostri commenti e nelle vostre critiche.
Per ciò vi ringrazio fin d'ora, Flower.



traduttore

venerdì 2 luglio 2010

Capitolo Diciannovesimo

Si era arrivati ai primi giorni di settembre: le calde giornate estive si erano accorciate. Spesse nuvole grigie scendevano da Nord nel pomeriggio ed ammantavano il paesaggio di una luce più fredda e metallica: non di rado pioveva, e Lisa rimaneva in casa, guardando le gocce rigare i vetri delle finestre.
La noia scandiva le ore del giorno passate nella villa: ma questa compagna indesiderata, a cui comunque solitamente si fa l’abitudine, era diventata per Lisa una sorta di piacevole indolenza. I suoi pensieri, se non le sue azioni, erano comunque riempiti dalla presenza di Milena, e così era anche per quest’ultima.
Il loro rapporto era cresciuto in tutti i sensi e si era trasformato in quel tipo di amicizia profonda che può nascere solo da situazioni fuori dall’ordinario, come quella che stavano vivendo.
A ciò si deve aggiungere che la loro relazione culminava con un’intesa sessuale perfetta: ogni giornata, per noiosa che fosse, si concludeva con un rapporto fisico così intenso e piacevole da lasciarle stordite e trasognate per ore. Per Lisa, che non aveva mai avuto un rapporto di nessuna natura, né sentimentale né tanto meno sessuale, ciò che stava vivendo era assolutamente unico e prezioso.
Avrebbe di buon grado accettato di passare, nella noia di quella casa, tutto il resto della sua vita, se le avessero garantito che il giorno successivo sarebbe stato uguale al precedente.

Quella mattina di domenica Lisa si era svegliata insolitamente presto per le sue abitudini: era scesa per prima, quando la casa era ancora immersa nel silenzio: Gunther era partito il giorno precedente per l’estero mentre, come ogni domenica, il personale di servizio era a riposo.
Fece colazione pensando alla giornata che l’attendeva: medicine, esami, stimolazione meccanica. I suoi seni stavano crescendo, di settimana in settimana, anche se erano ancora lontani dalle gigantesche dimensioni di quelli di Milena, ed avevano iniziato a produrre timidamente qualche goccia di latte. Le sedute estenuanti di mungitura si risolvevano con poco più di un mezzo bicchiere di liquido per parte, ma il professore si diceva soddisfatto dei progressi ottenuti.
Il laboratorio era, come tutte le domeniche, deserto: le ampie finestre lo inondavano della gelida luce di quel mattino nuvoloso. Ordine e silenzio assoluto. Lisa vi era andata proprio per questo.
Da quando tutta questa incredibile storia era iniziata, o per la precisione da quel giorno in cui aveva conosciuto il Dottor Bohm, le era rimasto un tarlo che continuava a lavorare nel suo cervello. Le immagini di Greta, la ragazza della DDR che tanti anni prima si era sottoposta alle cure del Professore, le si presentavano spesso davanti, quando si stendeva sul letto ad occhi chiusi. Quel mattino stesso, nello stato semi-incosciente dell’imminente risveglio, l’aveva sognata: l’enormità di quei seni non aveva paragoni nella realtà, nemmeno con quelli, comunque immensi, di Milena. Approfittando della calma di quel giorno di festa si era proposta di scendere negli uffici del laboratorio e di scoprire la verità.
Sapeva quale era la scrivania del professor Bohm e vi si diresse con decisione. Aprì i cassetti senza difficoltà, la chiave era inserita, e guardò tra le carte. La cartella verde che ricordava non c’era, come d’altra parte era logico che fosse. Solo dispense, pubblicazioni mediche, poco altro. Poi lo sguardo le cadde sullo schermo dl computer appoggiato sul tavolo a fianco. Sentiva un impercettibile ronzio provenire dal basso: si chinò e vide nel tower a pavimento la lucina verde lampeggiante. Accese il video e dopo pochi secondi, al centro, apparve la scritta “Vuoi veramente spegnere il computer?”
Sapeva che tutto il sistema informatico era protetto da password, ma evidentemente la sera precedente qualcuno aveva dimenticato di spingere il tasto off ed il computer era semplicemente andato in standby.
Prese il mouse, spostò il cursore sul “no” e premette.
Utente: Dr. Stephan Bohm.
Gestione risorse.
Visualizza cartelle.
Sessioni esami IV anno.
Sessione esami V anno.
Dispense universitarie.
Protocolli.
Studenti.
Il labirinto di Dedalo. Questo era un computer, agli occhi di un estraneo. Migliaia di files uno dentro l’altro, come cerchi concentrici: corridoi, stanze, cunicoli, porte che si aprivano su altre porte.
Avevano lasciato la chiave sotto lo zerbino, anzi, la porta addirittura socchiusa. Ma da lì a trovare quello che stava cercando...
Fece una veloce ricerca con il nome di Greta. Niente.
DDR. Sei files di scrittura. Li scorse velocemente, ma non vi era niente che avesse attinenza con gli esperimenti degli anni 70. Anni 70...improvvisamente le balenò in mente, quasi lo vide di fronte a sé, il numero di protocollo della cartella clinica: Greta SV 14279.
Non sapeva se quel numero rappresentasse una data, ma il 14 Febbraio 1979 era il giorno in cui Lisa era venuta al mondo. SV, San Valentino. A ripensarci in quel momento, anche quello sembrava veramente uno scherzo del destino.
Digitò la sigla, il numero ed il programma di ricerca lo visualizzò lì, sul video.
SV14279.pdf: la riproduzione grafica della cartella clinica di Greta, la ragazza della DDR.
Aprì il file dopo un attimo di esitazione.
Vide innanzitutto le foto che la avevano tanto colpita. Notò, a differenza della prima volta, quanto la ragazza fosse magra a dispetto delle dimensioni spropositate dei seni.
Poi la cartella clinica, scritta a macchina: Greta Bauer, nata a Rostok, 24/05/52. Misure antropometriche prima dell’inizio del protocollo: altezza cm. 172, busto 107, vita 75, fianchi 112.
Seguivano una serie di dati fisici impressionante per minuziosità, e poi una precisa descrizione delle cure e dei farmaci somministrati, giorno per giorno.
Infine, nelle ultime pagine scritte a mano, il decorso della paziente durante la terapia.
3 Marzo. Dopo la prima settimana la paziente sembra rispondere bene alle cure. I seni hanno consistenza turgida e si denota un certo gonfiore delle areole.
12 Marzo. Iniziato il trattamento per via endovenosa, con assunzione di THR11. Il soggetto è ben disposto e collaborativo.
19 Marzo. Dopo una settimana di THR11 si evidenzia un visibile aumento delle mammelle. Non riscontrando effetti collaterali degni di nota si aumenta il dosaggio a 500 mg...
2 Aprile... Il soggetto è entrato in uno stato di amenorrea, con tutta probabilità non reversibile. Affiancata terapia con gastroprotettori. Il soggetto accusa lievi sintomi di ulcere gastriche. Il diametro del seno è a 122 cm...
8 Aprile... Prosegue la terapia ormonale: affiancato al THR11 il TSG23, che ha dato prova di ottimi risultati sulle cavie da laboratorio. La stimolazione meccanica provoca ragadi: prescritta cura pomata cortisonica ...
21 Aprile... La produzione di latte è aumentata esponenzialmente dopo il trattamento con TGS23. Il soggetto segnala carenze vitaminiche e screpolature. Prescritte compresse di integratori alimentari...
28 Aprile... Il soggetto denota sbalzi di umore improvvisi, forse dovuti al prolungarsi delle terapie ed alla segregazione. Prescritti antidepressivi in dosi medie. I dati antropometrici sono in crescita: seno a 146 cm...
6 Maggio... Non considerando la direzione soddisfacente quanto ad oggi conseguito, aumentate le dosi di THR11, aggiunto TSG47...
18 Maggio... La produzione di latte tocca i massimi fino ad oggi con 10 litri giornalieri ed una media settimanale di 51. La circolazione sanguigna superficiale sembra sostenere l’aumento dei tessuti mammari...
22 Maggio...Sospesa la stimolazione meccanica per presenza di ragadi: presenza di mastite bilaterale. Continua terapia ormonale come da programmi..
25 Maggio...Il soggetto rifiuta le cure. Aumentate le dosi di antidepressivi fino a 800 mg...
Lisa sentiva un groppo allo stomaco: avrebbe voluto smettere e maledirsi per la sua curiosità, ma non vi riusciva...
7 Giugno.. Continua l’alimentazione forzata ed il trattamento con antidepressivi. La terapia ormonale animale prosegue: raggiunti i 168 cm. di giro seno...
16 giugno...Nuovo massimo nella produzione giornaliera con 12,3 litri. Lievi segni di necrosi dei tessuti adiposi mammari, con parziale...
23 Giugno...le condizioni psicofisiche del soggetto vanno peggiorando: rifiuto del cibo e delle cure. Somministrazione forzata in endovena di...
Sentì il portone principale aprirsi in lontananza, poi passi sul pavimento dell’atrio: qualcuno stava venendo in laboratorio. Chiuse il file in tutta fretta, guardando verso la porta di ingresso...spense il video. “Cazzo, cazzo...muoviti, muoviti” – disse al computer alzandosi dalla scrivania e, con il cuore che batteva all’impazzata si diresse verso l’uscita. Sapeva di non avere un’aria innocente: non poteva averla dopo ciò che aveva letto.
La porta si aprì e il dottor Bohm, vedendola in laboratorio, si fermò sullo stipite; l’espressione del volto era più seria che stupita.
“Buongiorno signorina Lisa.” - disse con tono grave – “Come mai qui di sotto di primo mattino?”
“Ehm...la stavo giusto cercando: volevo chiederle alcune cose sulla terapia...”
“Dovrebbe sapere che non vengo mai di domenica qui alla villa.” Queste ultime parole gli uscirono di bocca scandite attentamente, come pesanti macigni.
Si fermò immobile. Poi l’espressione grave si aprì in un abbozzò di sorriso tirato.
“Evidentemente è il suo giorno fortunato: venga, si accomodi alla mia scrivania.” E così dicendo si incamminò passandole davanti. Si sedette e buttò immediatamente lo sguardo al video spento. Toccò lo schermo con il dorso della mano.
“Venga Lisa, la prego, si sieda qui davanti e mi dica...” Lisa sedette, anche se avrebbe voluto essere da tutt’altra parte. Stette un pò in silenzio, come a ritrovare nella mente l’inizio di un discorso già preparato.
“Ecco, vede, da quando l’ho conosciuta ho una domanda che vorrei farle, ma non ne ho mai avuto l’occasione...” Il professore la guardava in silenzio, le mani giunte sotto il mento.
“Anzi, a dire la verità, due domande.”
“Prego...”
“Come mai sta conducendo questi esperimenti? Voglio dire, lei è un professionista stimato nel suo campo, non credo che abbia bisogno di gloria o di denaro...” Lo guardò con la testa inclinata di lato, aspettando una reazione alle sue parole. Bohm sorrise.
“Cara Signorina: anche dimenticando che io sono sì un professore universitario, ma di veterinaria (detto tra noi, ne so molto di più in fatto di medicina di tanti colleghi dediti al corpo umano); diciamo che questi esperimenti ‘esulano’ dalla medicina ufficiale, e sicuramente solleverebbero la disapprovazione, se non peggio, di tutta la comunità universitaria. Mi guarderei bene dal divulgare gli esiti di quanto stiamo facendo su di una pubblicazione scientifica, sottoscrivendoli con il mio nome. E per quando riguarda il denaro la risposta è, ancora una volta, no: probabilmente vi sono multinazionali farmaceutiche che pagherebbero delle enormità per garantire a milioni di donne in tutto il mondo una crescita del seno naturale come quella della mia assistente Elizabeth...”
“E quindi?”
“Cara signorina, per brevettare un farmaco bisogna metterci la propria firma e, di conseguenza, la propria reputazione. Capirà che la cosa potrebbe comportare qualche problema, considerando il ruolo che rivesto in ambito veterinario.”
“Ma ci deve essere un motivo che la spinge a fare tutto ciò.” Il dottore la guardò, sorridente come al solito.
"No, invece non ci deve essere un motivo. O meglio: non tutto deve essere comprensibile a tutti: il fato, il destino, il volere divino non sono fatti per essere compresi dalla misera natura umana. Ciò che mi spinge a proseguire in queste ricerche ha ragion d’essere nella ricerca stessa e in niente altro.”
Lisa credeva di avere capito.
“Quindi...le piace e basta.”
“ Vedo che lei ha il dono innato della sintesi e, mi creda, non è da tutti. Forse ‘piacere’ non è la parola esatta, ma la sostanza è quella. Non avrei nessun interesse nel sapere che una casalinga quarantenne americana di San Diego si autoinfligge iniezioni quotidiane al seno per fare dimenticare al marito la sua collega d’ufficio. Troverei tutto estremamente banale e mortificante. E per quanto riguarda l’altro aspetto, quello economico, credo che i soldi non debbano mai essere ciò che anima la volontà di uno scienziato.”
“La mia personale soddisfazione, il mio più grande piacere è il poter vedere il corpo umano modificato, trasformato, migliorato anche, fino a negare la supremazia della natura sull’uomo. Siamo il frutto di millenni di evoluzione della specie, e tanto di quello che siamo lo dobbiamo semplicemente all’adattamento all’ambiente circostante, se non addirittura al caso. Per troppo tempo l’umanità ha lasciato che la natura decidesse per lui: ora l’uomo ha le capacità per modificare radicalmente il proprio corpo e dovrà farlo necessariamente, in un prossimo futuro, se vorrà sopravvivere.”
Fece una lunga pausa e si abbandonò sullo schienale, sulle labbra comparve uno strano ghigno.
“Non mi avrà scambiato per lo scienziato pazzo dei film dell’orrore, spero.” Lisa sorrise, imbarazzata.
“Avrei la seconda, di domande...”
Il dottor Bohm si piegò verso il computer e picchiettò con un dito sulla barra spaziatrice. La macchina cominciò a ronzare. L’uomo strinse gli occhi, come a mettere a fuoco quello che era comparso sullo schermo.
“Dica...”
“Che fine ha fatto Greta?”
L’uomo alzò gli occhi penetranti su Lisa, poi girò lo sguardo alle alte finestre a riquadri. Cominciò a parlare scandendo le parole.
“Pasifae...Pasifae, moglie di Minosse re di Creta, quando la civiltà minoica dominava incontrastata su tutti i popoli del Mediterraneo. Donna bellissima e potente, che aveva tutto e tutti ai suoi piedi. Pasifae figlia di Elios, e quindi semidea, come d’altra parte lei sembra essere, in un mondo di persone mediocri.
E’ incredibile pensare come ancora oggi, a distanza di millenni, i miti greci possano essere così attuali e svelarci così tanto della natura umana.” Volse lo sguardo verso la ragazza.
“Lei si è innamorata di un toro, Lisa. Un toro bianco e possente come non ne esistono in natura. Si è innamorata di un corpo di fattezze sovrumane, perchè mandato da un dio superiore. Il suo disagio nasce dal fatto che ciò le sembra sbagliato e contronatura. Ma badi bene, non vi è peccato nel suo sentimento, perchè è guidato dal volere divino. Il sentimento che sta provando le risulta nuovo ed inspiegabile: le sembrerà strano, ma io invece lo comprendo perfettamente, poiché noi due condividiamo la stessa ammirazione per un essere straordinario. Le racconterò un’altro mito che potrà trovare interessante. Conosce la storia del vaso di Pandora?”
Lisa scosse la testa.
“Quando Zeus decise di distruggere l’umanità perchè deluso dal suo comportamento, privò i mortali del fuoco sacro: il fuoco come simbolo della spiritualità, ma anche della capacità intellettiva degli uomini. Prometeo rubò il fuoco a Zeus e lo diede nuovamente all’uomo. La punizione di Zeus per questo affronto blasfemo fu esemplare ma anche sottile. Non colpì gli uomini con strali venuti dal cielo, ma fece in modo che gli uomini stessi fossero causa delle proprie sciagure; Pandora ebbe in dono da Zeus un vaso che conteneva tutti i mali del mondo con l’assoluto divieto di aprirlo. Il Dio sapeva che la curiosità della donna avrebbe avuto la meglio sull’ordine impartitogli, e così fu. Pandora aprì il vaso, gettando l’umanità nell’orrore e nella miseria.”
Si alzò improvvisamente dalla sedia, iniziando a camminare attorno alla scrivania.
“Dice Esiodo: E infinite tristezze vagano fra gli uomini e piena è la terra di mali, pieno n'è il mare; i morbi fra gli uomini, alcuni di giorno, altri di notte da soli si aggirano, ai mortali mali portando, in silenzio. Così non è possibile ingannare la mente di Zeus.”
Nel silenzio che ne seguì il dottore guardò il computer e poi Lisa, scandendo di nuovo l’ultima frase: “Così non è possibile ingannare la mente di Zeus.”
Lisa sentiva il disagio crescere.
“Sì, capisco, ma Greta?”
“Greta?...quale Greta?... La Greta di Pieter Brueguel?... quella del Museo Mayer van der Bergh di Anversa? Cara Lisa, lei è l’esempio fatto persona che la curiosità è indubbiamente femmina.
Lei non ha capito che certe domande non solo non hanno risposte, ma è anche sconveniente farle. Lo dico nel suo interesse, signorina.”
Lisa avvertì un moto di rabbia: non poteva accettare di continuare ad essere trattata come un’imbecille a quel modo. Si fece forza.
“Guardi che sono a conoscenza di quello che è successo trent’anni fa, e se devo continuare a farmi impasticcare da lei ho il diritto di sapere tutto quanto, altrimenti le combino un casino che altro che clinica universitaria...”
“Mi sembra in effetti un tantino provata dalle cure: forse sarebbe meglio cominciare la terapia con gli antidepressivi.” Lisa alla sola parola sentì un brivido percorrergli la schiena. Il dottore si fermò alle sue spalle.
“Senta, è ora che la smetta di trattarmi come una vacca da...” sentì un leggero pizzicore alla base del collo, come di una puntura, ed il professore dire: “Lei è solo stanca, signorina Lisa, deve solo riposare...”
Le parole le sembravano giungere flebili, da molto lontano: girò la sedia a rotelle e vide in modo sfocato un’apparizione: Milena stava avanzando dalla porta del laboratorio, nel chiarore di quella luce ovattata la sua pelle pareva livida.
Era vestita da maitresse, con quegli incredibili stivali neri dai tacchi altissimi; portava, a differenza della prima sera in cui l’aveva vista abbigliata in quel modo, una parrucca biondo platino ed un ridottissimo reggiseno che le strizzava le gigantesche mammelle in modo incredibile; due minuscoli triangoli in pelle nera, tenuti insieme da lacci che le solcavano profondamente le carni. Avanzava lentamente, un passo avanti all’altro, muovendo sinuosamente i fianchi e facendo scorrere la mano guantata sul lungo bancone da laboratorio. Senza capire il perchè, Lisa non riusciva a metterla a fuoco. Arrivò a pochi passi da loro.
“Buongiorno, Doktor Frankestein...”
Il professor Bohm era in evidente imbarazzo. Cominciò a sudare.
“La sua amica ha avuto un malore: dovrei stenderla sul lettino...”
“La lasci pure stare, non c’è fretta: fa sempre così quando non è al centro dell’attenzione. Stamattina mi stavo annoiando a morte, così ho pensato di vestirmi in modo, come dire, originale.”
Mise le mani sui fianchi ed eseguì una piroetta di fronte all’uomo. Poi gli si avvicinò sorridente. Con i tacchi era più alta di lui di quasi tutta la testa, e decisamente più imponente.
“Le piace?”
“Co...cosa?” Bohm stava grondando.
“Mi scusi, ho sbagliato coniugazione. Le piaccio?”
“Si...signorina Milena...non mi sembra...”
Lei allungò la mano sulla sua nuca, e la tirò a sè, immergendo la testa dell’uomo tra i suoi grossi seni.
“Sa, alcune domande non hanno risposta: altre esigono assolutamente una risposta. Allora, le piaccio?”
Il professore, il volto paonazzo completamento sprofondato nel solco delle mammelle, tentò di dire qualcosa, ma ciò che ne uscì dalla bocca fu del tutto incomprensibile.
Milena volse lo sguardo al soffitto, tirando a sè la testa dell’uomo con tutta la forza del braccio, poi estrasse qualcosa dal risvolto degli stivali, e lo posò alla schiena di Stephan Bohm. Partì una scarica e l’uomo cadde a terra in modo disarticolato, come una marionetta a cui avessero tagliato i fili.
Milena guardò l’affare che aveva in mano.
“Pistola elettrica,” - disse tra sé – “credo che abbattano così anche le vacche, quando non ce la fanno più a produrre latte. Ci sarà sicuramente un mito greco che mi spiegherà perchè alla fine si arriva sempre lì...”

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