Ciao a tutti.

Ho creato questo blog allo scopo di condividere con voi la mia passione per la scrittura e per le ragazze dotate di seni fuori dal comune.Ho scritto un romanzo, Lisa & Milena, che pubblicherò a puntate, capitolo per capitolo su questo blog.
Confido nei vostri commenti e nelle vostre critiche.
Per ciò vi ringrazio fin d'ora, Flower.



traduttore

domenica 13 giugno 2010

Capitolo Diciottesimo

Minosse chiese a Poseidone, dio del mare, di mandargli un toro: ricevere questo toro dal dio era la prova che l'Olimpo approvava il suo regno.
In effetti, Poseidone mandò il toro, un toro di un bianco stupefacente destinato ad essere sacrificato, ma Minosse non lo sacrificò; affascinato dalla sua bellezza, decise di utilizzarlo come toro da monta per le sue mandrie.
Pasifae, sposa del re di Creta, vide il toro e rimase a tal punto stregata dalla sua potenza da caderne innamorata: tale sentimento, altrimenti incomprensibile, era dovuto all’intervento superiore di Poseidone che intendeva così punire Minosse per la sua disobbedienza.
Come spesso accade nei miti greci, il volere divino si era sostituito alle debolezze umane, ed il seme della follia ricadeva dall’alto sugli uomini.
Ovidio, ne “Le Metamorfosi”, descrive in modo sublime i sentimenti contrastanti che guidano la giovane: la sua esitazione iniziale nel toccare il poderoso animale, l’ammirazione per il mantello immacolato ed i muscoli massicci, lo sguardo placido che la invita ad osare, fino a quando non tende la mano ad accarezzarne il petto ed il muso...
La passione, perversa, ma raccontata in modo così innocente, fa sì che Pasifae supplichi Dedalo, architetto di corte, di costruire un marchingegno che renda possibile l’unione tra la donna ed il toro. Ed ecco costruita una vacca in legno, perfetta nelle sue proporzioni e ricoperta di pelli, così da ingannare l’animale.
Pasifae gode dell’amplesso e rimane gravida: è da questa unione che nasce il Minotauro, essere mitologico con il corpo di uomo e la testa di toro.
Nei secoli il Minotauro ha rappresentato la sintesi estrema tra la natura e l’uomo, tra l’istinto e la ragione, nonché il frutto più rinnegato dell’amore proibito: condannato a vivere rinchiuso nel labirinto, nascosto alla vista di tutti e ammansito ogni anno con il dono di sette fanciulle e sette fanciulli ateniesi.
La sua duplice essenza riassume la forza e la sensualità animale con gli istinti lussuriosi propri dell’uomo, ma in lui non vi è e non vi può essere colpa, in quanto la sua stessa natura lo esclude dalla sfera razionale.
Alla termine della storia mitologica gli esseri umani porteranno il peso dei propri peccati: Minosse per avere disobbedito a Poseidone, Pasifae per essersi congiunta con un toro, Dedalo per avere sfidato gli dei con il proprio ingegno.
Ma l’unico che pagherà con la vita sarà proprio il Minotauro, la cui unica colpa sta, alfine, nella sua diversità.

Lisa chiuse il pesante libro con un colpo seccò e lesse la copertina: “Commentario dei miti greci antichi” - Franz Hoffmann – Dresda, 1907.
Si trovavano nella biblioteca della villa, un’ampia sala dal soffitto altissimo, le pareti ricoperte da scaffali e vetrine piene di libri antichi. Lisa non leggeva un libro dai tempi della scuola. Non aveva intenzione di ricominciare in quel momento, ma le giornate sembravano interminabili.
“Hai capito, quel testa di cazzo di professore? Pasifae, mi ha chiamato.”
Il tono alterato della sua voce fece sorridere Milena, seduta sulla poltrona ad ascoltare.
“Beh, e io cosa dovrei dire? Se tu sei Pasifae, io chi sarei secondo te?”
Questa volta fu Lisa a sorridere.
“Tu sei il bellissimo toro che mi ha sedotto, Bohm è Poseidone, Gunther Dedalo: manca solo che spunti fuori il Minotauro in carne ed ossa e poi siamo a posto.”
“Siamo alle solite, qui l’unica bestia sono comunque io.”
“ A dire la verità, negli ultimi tempi anch’io mi sono sentita un pò vacca...”
Aveva cominciato le terapie da qualche giorno, e la prima cosa che le saltò all’occhio era che il tutto le pareva un tantino umiliante: medicine ad orari prestabiliti, flebo, esami, compresse di gastroprotettori: aveva anche iniziato le sedute di “stimolazione” con l’apparecchiatura che aveva visto la prima volta in camera da Milena.
Al momento l’unico risultato era che le sue grosse mammelle erano diventate più turgide, come se avesse la sensazione di imminenti mestruazioni, ed i capezzoli perennemente duri, quasi a farle male.
Per il resto le giornate passavano lentamente: gli uffici al casino di caccia non erano ancora pronti e l’unica distrazione erano le lunghe passeggiate a cavallo. Oltre, naturalmente, alla presenza di Milena.
Dopo la cena in cui era stata così gentilmente apostrofata dal professore, Lisa aveva cominciato a guardare all’oggetto dei suoi desideri in modo nuovo.
Notava ora, senza ombra di dubbio, che c’era del vero in quanto aveva detto il dottore: l’attrazione, che sentiva in ogni momento del giorno, in presenza di Milena diventava una pulsione vera e propria, una necessità fortissima di contatto fisico. Ma il desiderio che l’accompagnava continuamente non scompariva con l’unione dei loro corpi; l’amplesso la faceva sentire, solo per pochi minuti, completamente e piacevolmente svuotata da ogni energia, dopodiché la vista di quel corpo dalle fattezze straordinarie la accendeva nuovamente di libidine.
Ed era altrettanto vero che Milena sembrava essere perennemente pervasa dalla voglia di essere ammirata, toccata, soddisfatta.
La cosa che ancor di più eccitava Lisa era che non lo faceva mai in modo sfrontato: si proponeva quasi svogliatamente, ma al contempo con l’assoluta sicurezza di chi sa che non avrebbe mai ricevuto un rifiuto. Per provocare la su areazione le bastava offrirsi alla vista seminuda, fare un cenno, lanciare uno sguardo: a volte nemmeno quello.
A quanto pare poi l’effetto era lo stesso anche su altre donne, se si considerava come Elizabeth si era piegata alla sua volontà in pochi secondi, qualche sera prima, davanti agli occhi di tutti i commensali.
In quel momento ad esempio Milena era seduta di traverso su di una poltrona, una gamba sul bracciolo, il gomito sull’altro. Le capitava spesso di palparsi istintivamente l’immenso seno, come a saggiarne la consistenza e Lisa, solamente per quel gesto, sentiva i sensi in allerta. Ma Milena non andò oltre.
Disse invece: “Quindi Pasifae si fece montare da un toro...un’esperienza che di sicuro ti apre...nuovi orizzonti, no?” Lisa sorrise.
“Va bene l’incantesimo degli dei, ma a me sembra un tantino eccessivo, come rapporto sessuale, non trovi?”
“Beh, considerando che tu non lo fai neanche con gli uomini...” Si fermò un attimo a pensare, poi:
“Ma proprio mai? voglio dire, dopo quella volta non hai mai più avuto contatti con un uomo?”
“No, mai avuti.”
Lisa cominciò a raccontare dei suoi primi mesi al night club di Gunther, e di come provasse una soddisfazione prossima all’orgasmo sessuale solamente nell’essere ammirata. La cosa sembrava sconcertare Milena.
“Dio mio, praticamente ce l’hai ancora incartata e infiocchettata. Io l’ho data via un bel pò, qualche volta per soldi, spesso per niente: non che mi piacesse particolarmente, anzi. Quando sei giovane certe cose le fai anche solo perchè pensi che sia normale farle. Però, cara, tu hai un problema, e sarà meglio affrontarlo.”
“No, no, va bene così: io non ho nessun problema.” – disse Lisa facendo no con la testa. “Sono giovane, in salute, ho fatto un sacco di soldi con le mie tette: va tutto bene così.”
Si accese una sigaretta, aspirò e buttò il fumo in piccoli sbuffi verso il soffitto, rimanendo a guardarne le volute. Poi parlò a bassa voce.
“Lo sai come dice il detto: chi si accontenta gode...”
“Beh piccola, c’è godere e godere: non è che tutti gli orgasmi siano uguali.
I loro sguardi si incrociarono e Lisa percepì l’intensità degli occhi di Milena: erano di un marrone scuro e profondo e parevano brillare di luce propria.
“Hai davanti una che ha commesso tanti di quegli errori che potrei scriverci un libro come quello lì: ma il più grande di tutti è stato accontentarsi, sempre e comunque. Ora Gunther mi ha dato una possibilità e stai pure certa che questa volta non mi accontenterò. E tu, Lisa, non accontentarti: accontentarsi è da mediocri.”
Si alzò dalla poltrona.
“Ora vado a farmi strizzare le tette, come da programma.” – disse incamminandosi verso la porta: prima di richiuderla si girò verso Lisa.
“Vieni a trovarmi stasera, mia Pasifae: ti insegnerò che le scopate non sono tutte uguali. Muuuuh!”
La salutò con quella quell’imitazione di un muggito bovino, mentre si dirigeva lentamente verso il laboratorio, l’enorme seno ondeggiante avanti a sé.

“Eccomi!”
Lisa entrò nella stanza di Milena in punta di piedi: le sembrava di essere tornata ai tempi delle gite scolastiche, quando a notte fonda ci si trovava tra ragazzine, magari solo per fumare una sigaretta di nascosto dai professori. Indossava, come sempre, la giacca di un pigiama da uomo e le mutandine.
Sentì la voce provenire dal bagno.
“Ancora un attimo e sono pronta; accomodati pure sul letto.”
Si sedette guardandosi intorno nervosamente. Vide che la stanza era illuminata solo dalla luce di una serie di candele poste sulla cornice del camino. Non aveva idea di cosa la aspettasse e sentiva la tensione crescere rapidamente in lei.
“Ora, chiudi gli occhi e non aprirli fino a quando non te lo dirò io.”
Obbedì. Poco dopo sentì i passi di Milena uscire dal bagno e percepì la sua presenza, il suo odore che si avvicinava.
“Okay, puoi aprirli adesso.”
Lisa spalancò gli occhi e si vide di fronte l’imponente figura di Milena, alta come non l’aveva mai vista. Guardò automaticamente a terra e vide che sotto alla vestaglia di raso nero indossava un paio di stivali attillati di vernice dalla suola massiccia e dai tacchi vertiginosi, allacciati dietro con laccetti incrociati. Rialzò gli occhi ed incrociò, sopra il gigantesco seno, lo sguardo di Milena: si era truccata con una decisa matita nera, prolungando la linea delle ciglia; ombretto grigio sulle palpebre, rossetto intenso ad esaltare le sorridenti labbra carnose, sopracciglio ammiccante. I capelli erano raccolti sulla testa in una fluente coda di cavallo. Sembrava soddisfatta dell’effetto ottenuto. Si slacciò la vestaglia e l’aprì, offrendosi totalmente alla vista.
“Ho messo le prime cose che ho trovato...” – disse scherzando.
“Sopra agli stivali che terminavano a metà coscia, uscivano le calze a rete, agganciate ad un corpetto in pelle. Al di sopra del quale, stavano le sue due grossissime, immense mammelle nude. Alla fioca luce tremolante, Lisa vedeva sulla pelle il tracciato bagnato che lasciavano le gocce di latte sgorganti dai capezzoli: sentì il forte bisogno di leccarli, ma non osava, senza l’esplicita approvazione di Milena.
“Come ti sembro?”
“Sei incredibile! Ma da dove...”
“...Da dove viene questa roba? E’ proprio quello che volevo raccontarti stasera.”
Si richiuse la vestaglia, portò una poltroncina nei pressi del letto e si sedette, accavallando le gambe.
“Tempo fa Gunther mi ha raccontato di come vi siete conosciuti, della tua apparizione nel suo locale e della tua fulminante carriera. Io, come ti ho detto, sono arrivata da lui come barista: notavo che stava spesso seduto al bancone a scrutarmi; già pensavo di dover rompere un bicchiere in testa pure a lui. Invece un giorno, a fine serata, mi disse: “Milena, tu hai qualcosa, nel modo di fare, di muoverti: qualcosa di particolare. Più non li consideri e più ti si attaccano.” Io non capivo dove volesse arrivare, ovviamente.
“Sei una bella ragazza: puoi guadagnare cinque volte più di quello che guadagni ora, se solo metti in pratica il tuo talento, diciamo un mille, milleduecento marchi a settimana.”
Erano un sacco di soldi, allora, per cui non stetti tanto a pensarci: andai con lui in uno dei privèe sul retro e mi diede un pò di roba in pelle da mettermi, catene, borchie, roba così.
Poi mi disse: “Ora mettiti a sedere su quel divano: devi solo stare lì ferma, guardare cosa succede ed imparare.”
“Dopo poco entrò una ragazza svedese che lavorava nel locale, Annika. La vedevo tutti i giorni e spesso si beveva qualcosa assieme o si parlava del più o del meno. Mi fece l’occhiolino.
Al suo seguito entrò un signore distinto e all’apparenza imbarazzato. Annika lo fece spogliare, inginocchiare e poi iniziò a percuoterlo con un frustino, gli piantò i tacchi nelle costole, insomma gliele suonò di santa ragione. Io a stento riuscivo a trattenermi dal ridere, mi pareva tutto così assurdo. La cosa più comica era assistere alla trasformazione di Annika, che da brava ragazza che parlava di metter su casa, si era trasformata in un aguzzino delle SS.”
“Alla fine, Gunther mi disse: questo è tutto quello che devi fare; puoi anche non farti toccare se pensi che non ne valga la pena.” Milena accompagnò quest’ultima frase con il gesto inequivocabile dell’indice che sfrega contro il pollice.
“Quindi, nel mio piccolo, senza raggiungere la tua fama, diventai una maitresse abbastanza richiesta.”
“E queste cose, allora, te le sei portate da Amburgo?”
“Beh, non proprio da Amburgo, ma ho comunque continuato, diciamo, ad esercitare la professione anche dopo. Quella...” e indicò una valigia appoggiata a fianco del letto “è la mia valigia dei trucchi. Ferri del mestiere.”
Lisa la guardò: era di una consistenza nera e lucida, ed aveva già di per sé un’aria minacciosa.
“Ti dispiacerebbe allungarmela, piccola?”
Dio, Lisa adorava essere chiamata piccola da lei: le sembrava il necessario preludio ad ogni atto di piacere. Si allungò e la tirò a sé, non senza sforzo. Sembrava piuttosto pesante. Milena alzandosi la prese, la sollevò senza fatica e l’appoggiò sullo scrittoio, come se fosse vuota. Lisa la guardò sbalordita.
“Ma... mi sembrava che fosse piena di mattoni...” Milena rise, dandole le spalle.
“Beh, se avessi cambiato dei fusti di birra per anni sembrerebbe più leggera anche a te. Senza contare che questi ricostituenti del dottor Bohm hanno veramente un effetto straordinario...”
Fece scattare le chiusure dando le spalle a Lisa: poi cominciò ad elencarne il contenuto.
“Frustino, gatto a nove code… manette, bende per gli occhi…, spille da balia…molto utili, queste…ah, ecco una cosa che ti piacerà…”
Si girò appena, tenendo in mano quello che a Lisa sembrò un morso per cavallo, con tanto di finimenti.
“No tranquilla, non ho intenzione di cavalcarti. Dove sarà…non l’avrò mica lasciato a Berlino, cacchio… ah eccolo!” Guardò Lisa da sopra la spalla sorridendo, poi disse: “ora vado in bagno ed esco con una bella sorpresa. Mettiti comoda, sul letto…”
Lisa eseguì, come incantata dalla scena a cui stava assistendo.
Dopo poco Milena uscì e tornò al bordo del letto, senza stivali ma sempre coperta dalla vestaglia. Quando l’aprì, a pochi centimetri dal viso di Lisa comparve un grosso fallo di gomma nera, attaccato ad una specie di mutanda con cinghie sui lati, tale da farlo stare eretto tra le gambe della donna. Lisa spalancò gli occhi.
“Milena, non crederai…” sollevò la testa verso di lei: stava semplicemente annuendo soddisfatta.
“Certo che credo, e vedrai che sarà un’esperienza entusiasmante…” Le si inginocchiò, a cavalcioni sopra alle gambe, e si spogliò completamente. Cominciò a massaggiarsi le enormi mammelle, con ampi gesti circolari delle mani aperte, e mentre faceva ciò parlava a Lisa con voce suadente.
“Non è mica un fallo qualsiasi: l’ho comprato ad Amsterdam, e gli olandesi certe cose le sanno fare. Si riempie parzialmente di acqua bollente in modo che acquisti il calore e la consistenza di un cazzo vero. Tutti i miei clienti ne erano entusiasti…”
“Ma a me non sembra, voglio dire…le dimensioni…”
“Sì, è un poco sopra alla media, ma a Pasifae è andata sicuramente molto peggio... o meglio, dipende dai punti di vista...”
Continuava a guardarla sorridendo e a massaggiarsi le tette, e piano piano sembrava godere di quel movimento. Il latte cominciava a gocciolare sulla pancia di Lisa.
Milena, ho paura…”
“Bene. La paura è una componente essenziale dei rapporti sadomaso: la paura accende il desiderio e moltiplica il piacere…Ma io non ti voglio fare del male, anzi: io voglio assolutamente farti del bene…”
Si prese un capezzolo con due mani e lo strizzò. Partì un fiotto di latte sottile ma continuo che, disegnando una parabola nell’aria, andò a rompersi sui seni della ragazza. A quel punto Lisa aveva il terrore di essere penetrata da quell’affare, che sentiva sfregare tra le cosce, ma al tempo stesso era talmente eccitata da sentire un formicolio continuo all’interno della vagina bagnata.
“Milena, baciami ti prego…”
“No no, magari dopo, se sarai stata brava. Ora girati e mettiti a carponi.”
Si era alzata, Milena, e stava a fianco del letto. Lisa eseguì. Le grosse tette pendevano tra le sue braccia.
Sentì Milena accostarsi, mettere la mano sulla sua schiena ed accarezzare i muscoli tesi del dorso, scendere tra il solco delle sue natiche e cercare la vulva. Vi infilò due dita e cominciò a massaggiarla. Sentiva il tremore del corpo di Lisa, ed al contempo la vagina rilassarsi ed aprirsi, sempre più bagnata. Quando credette che fosse pronta, si inginocchiò dietro di lei, e appoggiò il grosso glande sul suo sedere.
“Ora rilassati piccola, stiamo solo facendo sesso.” Lo infilò dentro a poco a poco e cominciò a muoverlo lentamente. Portò il palmo della mano destra sul suo pube e le dita sul clitoride.
“Milena… mi…mi piace… mi piace quello che mi stai facendo…”
“Abbiamo solo cominciato, solo cominciato…”
Cominciò a spingerlo più velocemente, al ritmo delle oscillazioni che Lisa stava imprimendo al rapporto. Quando la sentì pronta affondò il fallo completamente con un dolce movimento del bacino e le cinse la vita con un braccio, continuando a muoversi. Ora le sue grosse mammelle oscillavano sbattendo tra di loro e sulla schiena di Lisa, ed il rumore prodotto fu per Lisa più forte di ogni altra sensazione. Cominciò a gemere in modo incontrollato, sempre più forte, fino ad urlare dal piacere. Alla fine si abbandonò sul letto, svuotata da ogni energia.
Dopo un lasso di tempo che le sembrò interminabile sentì la carezza di Milena sulla spalla: si girò e la vide su di lei, sorridente, il dito indice ad indicare tra le gambe; il fallo era sparito e rimaneva il suo grosso pube peloso.
Lo cercò con le dita, come era solita fare, e respirò voluttuosamente il profumo che le arrivava alle narici.
Milena si stese, le mani sugli enormi seni, mentre Lisa affondava la testa tra le sue cosce.

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