Ciao a tutti.

Ho creato questo blog allo scopo di condividere con voi la mia passione per la scrittura e per le ragazze dotate di seni fuori dal comune.Ho scritto un romanzo, Lisa & Milena, che pubblicherò a puntate, capitolo per capitolo su questo blog.
Confido nei vostri commenti e nelle vostre critiche.
Per ciò vi ringrazio fin d'ora, Flower.



traduttore

lunedì 17 maggio 2010

Capitolo Quindicesimo

Il cavallo, già sellato e pronto per la monta, la aspettava davanti alla villa. Lo stalliere, un giovanissimo ragazzo, poco più che adolescente, teneva le redini; sgranò gli occhi quando la vide arrivare.
“Se... se...serve una mano, signorina?” Lisa non sapeva se fosse balbuziente o se fosse l’effetto della sua vista, ma in quel momento non gliene importava niente. Pensò di non considerarlo nemmeno: probabilmente sarebbe filato via di corsa a farsi una sega appena lei fosse partita. Montò in sella e spronò l’animale che iniziò a trottare lentamente, seguendo la strada sterrata che portava giù verso il lago.

Dopo quello che era accaduto nel laboratorio era corsa su in camera, abbandonando Elizabeth alle sue provette: aveva bisogno di tranquillanti, altro che passeggiata a cavallo. Il capezzolo le faceva un male d’inferno e l’areola aveva assunto una sfumatura bluastra. Il fatto che Milena l’avesse colta in quell’atteggiamento l’aveva fatta sentire malissimo: poi il malessere fisico si era trasformato in vera e propria rabbia verso sè stessa, per essersi comportata così stupidamente. Le pesava l’umiliazione subita, ma in cuor suo temeva ancor più che qualcosa fosse cambiato tra lei e Milena; che quella donna, che l’aveva completamente stregata, potesse negarsi, lasciarla sul corridoio davanti alla porta chiusa a chiave. Due giorni: due giorni erano bastati per farle perdere il controllo sulla sua vita; la sua felicità, il suo destino perfino, erano nelle mani di un’altra persona, per la prima volta nella sua esistenza.
Eppure, allo stesso tempo, quel gesto di Milena, quel provocarle dolore stringendole il capezzolo, le aveva anche procurato piacere. Era stato come apporre un sigillo sulla sua proprietà, come a sancire il fatto che il suo corpo apparteneva a lei e a nessun’altro.
E in fondo, in quel momento, lei non chiedeva altro che appartenere totalmente a quella splendida creatura.
Dio mio, che confusione – pensò tra sé.
Il sole tramontava in lontananza e l’aria si era fatta più fresca. Tornò verso la villa, il cavallo al passo.

Gunther la vide rientrare e salire di fretta verso il piano di sopra.
“Ciao Lisa. Ho fatto preparare una cenetta da favola: tutto cucina tradizionale del Brandeburgo, sentirai che roba. Va bene per le nove?”
La ragazza si fermò appena, in cima alle scale. “Gunther caro, scusa ma sono molto stanca e credo che andrò a dormire prestissimo. Mi fai portare su qualcosa magari? Grazie.”
Gunther fece per replicare, ma rimase lì, la mano alzata e la bocca aperta: Lisa era già sparita in camera sua. La cena a due voleva essere anche un’occasione per parlarle dei loro progetti futuri. Aveva passato l’intera giornata con un web designer a Berlino e il suo progetto, per un sito assolutamente nuovo e diverso da tutti gli altri, stava prendendo forma; nuova grafica, nuovi servizi, interattività; sarebbe stato qualcosa di assolutamente diverso da tutto il resto che già esisteva in rete. La sua idea era quella non di creare un semplice sito web, ma un preciso luogo, virtuale sì, ma definito nello spazio e nel tempo. Una specie di casa di piacere mediatica, in cui il cliente si potesse muovere, quasi a percepire l’appartenenza a quel posto. Si sarebbe distinto da tutto il resto anche per una caratteristica unica: doveva essere, o sembrare di essere, inaccessibile. Niente banner pubblicitari, niente free tour, niente milioni di contatti alla settimana. Una casa chiusa, letteralmente, agli occhi indiscreti dei passanti occasionali. Sarebbe stato l’equivalente di un club privato estremamente elitario, l’accesso al quale sarebbe stato considerato un vero privilegio.
D’altra parte solo quel pomeriggio aveva visto per la prima volta Milena e, per dio, ci avrebbe scommesso la casa: un sacco di gente era pronta a dissanguarsi, anche solo per vederla su di uno schermo da quindici pollici.
Nei suoi progetti Milena era solo la prima di una serie di modelle appositamente “formate” per il nuovo sito; una schiera di ragazze bellissime e, naturalmente, dotatissime: aveva già fatto alcune inserzioni, alla ricerca di soggetti in stato interessante e contava per la settimana successiva di iniziare con qualche colloquio.
Andò in soggiorno, vide la tavola già apparecchiata e una tristezza infinita lo assalì: al diavolo la cucina brandeburghese, pensò; non aveva nessuna voglia di mangiare in solitudine. Diede disposizioni al personale perchè portassero il pasto per Lisa al piano superiore, uscì e prese la sua auto, direzione Berlino.

Lisa era sicuramente una buona forchetta: nel vederla a tavola ci si chiedeva come facesse, nonostante l’appetito che aveva, a mantenere una linea così invidiabile. Assaliva i piatti in modo quasi animalesco, assolutamente estranea alle buone maniere: quel modo di mangiare così improvvisato, senza portate, convenenevoli e stesa comodamente sul letto, era per lei un’autentica goduria.
Cucina brandeburghese o no, mentre se ne stava sdraiata a guardare la televisione divorò ogni cosa in modo famelico, con un’energia dovuta, lo sapeva, soprattutto al crescente nervosismo: alla fine del tutto si sedette sul letto, abbracciandosi le gambe e stringendole al petto. Indossava, come sempre per dormire, la giacca di un pigiama da uomo.
Ogni tanto toglieva l’audio dal televisore e tendeva i sensi: il ronzio intermittente della sera prima proseguiva imperterrito. Quando, verso la mezzanotte, lo sentì cessare, il suo cuore prese a battere più forte. Aspettò ancora nel silenzio dalla sua stanza, ed ogni minuto che passava le sembrava una tortura insopportabile. Al fine prese coraggio e scese dal letto, scalza. Aprì la porta lentamente, sbirciò nel corridoio: nessuno.
Fece i pochi passi che la separavano dalla camera a fianco e, senza bussare, girò il pomolo ed entrò. Il grande letto pieno di cuscini era vuoto.
“Mi...Milena?” pronunciò esitante.
Sentì la voce provenire da qualche parte, nel buio della stanza. Il tono era deciso, di certo non amichevole.
“Vai sul letto e spogliati.”
Obbedì silenziosamente: si tolse la giacca e si sdraiò sulla schiena, lo sguardo rivolto alla porta del bagno. Quando si aprì, la luce delineò la figura di Milena, in piedi sullo stipite. Sentì un tuffo al cuore.
Aveva ancora indosso la vestaglia di raso di quella mattina, stretta in vita da una cintura: la scollatura lasciava intravedere il profondo solco tra i due giganteschi seni. Nel controluce le sue forme si mossero, ondeggiando lentamente, mentre si avvicinava a lei: quando fu accanto al letto poggiò un ginocchio su questo e poi facendo ruotare l’altra gamba, le salì sopra, seduta sulla sua pancia. Da quella prospettiva Lisa la vide ergersi sopra di lei, le enormi mammelle che la sovrastavano completamente: sentì le forti cosce stringere i suoi fianchi e avvertì, già solo per quello, di essere completamente bagnata.
“Così ti piace giocare con le ragazzine, eh Lisa?”
Lisa trovò la forza per rispondere.
“Scusami Milena, scusami...non succederà più...”
Lei la guardò intensamente, l’espressione glaciale.
“E’ la seconda volta che mi chiedi scusa in soli due giorni. Non ci sarà una terza volta. Ti stava leccando i capezzoli, quella troietta, o sbaglio?”
“S...Sì...”
“Vediamo allora, cosa sai fare tu...” e dicendo questo infilò la mano destra nella scollatura della vestaglia e, spostandone il risvolto con la sinistra, estrasse a poco a poco la sua gigantesca mammella. La carne, quella morbida carne che usciva dalla vestaglia sembrava non finire mai. Fece lo stesso con l’altra, poi cominciò a massaggiarsele entrambe, con ampi movimenti circolari delle mani aperte. Non guardava giù verso Lisa, aveva anzi gli occhi chiusi come a cercare la concentrazione. Prese i capezzoli, li tirò delicatamente e poi prese a strizzarli: il latte cominciò ad uscire copioso ed una pioggia di gocce iniziò a cadere sul viso ed i capelli della ragazza: Lisa aprì la bocca istintivamente e sporse la lingua, come a voler raccogliere quel nettare; contemporaneamente Milena aveva cominciato a muovere il bacino dolcemente, avanti ed indietro: il suo caldo sesso massaggiava la pancia di Lisa, mandandola in estasi.
“Dio mio, dio mio...non smettere ti prego...”
“Sei tu che mi devi fare godere, piccola...” e così dicendo Milena avanzò sul corpo della ragazza e, poggiando le mani sulla testiera del letto, si sporse in avanti. Lisa si vide sommersa dalle immense mammelle pendule, protese verso di lei, le accarezzò indovinando al tatto le vene in rilievo, poi ne afferrò una con due mani e cominciò a succhiarla freneticamente. Le pareva di non riuscire nemmeno a respirare lì sotto: la bocca spalancata ed il latte che le usciva ovunque; ma ciò nonostante continuava, ansimando e deglutendo continuamente. Credeva di provare un orgasmo continuo, le cosce, le natiche la sua vagina completamente fradice. Milena, da sopra, la guardava divertita. Aveva il pieno controllo della situazione e quando la vide completamente abbandonata al piacere, aggrappandosi alla testiera si alzò faticosamente in piedi sul letto. Lisa aprì gli occhi e la vide torreggiare sopra di lei, le gambe divaricate e la vulva che si avvicinava al suo viso. Milena vi si sedette sopra, stringendo la testa tra le cosce, gli immensi seni pressati contro la spalliera in ottone del letto.
“Ora sei tu che mi devi fare godere, piccola.”
Lisa piantò le unghie nei suoi glutei tesi e con la lingua cominciò a leccarne la vagina: sentiva tutto il peso di lei sopra di sè, ma nonostante ciò ad ogni minimo mugolio di piacere di Milena avvertiva una scarica lungo la schiena. Il suo sapore, il liquido che le colava in gola, le pareva mille volte più squisito di ogni cosa avesse mai assaggiato.
Milena sentì l’eccitazione crescere e cominciò a muovere il ventre avanti ed indietro, cercando la lingua di Lisa: con le mani aggrappate alla testiera sbatteva ritmicamente le grosse mammelle contro di essa, schizzando latte ovunque.
Alla fine, giunta all’apice dell’orgasmo, inarcò la schiena all’indietro e si lasciò andare sul letto. Lisa, con le mani tra le gambe si girò di lato, mordendo il cuscino mentre era ancora scossa da brividi.
Quando aprì gli occhi Milena la stava guardando, nuda e sontuosa, stesa su di un fianco con le gigantesche mammelle adagiate sulle lenzuola.
“Sei stata brava, stasera.” – disse con la sua particolare voce rauca.
“Credo che potremmo diventare ottime amiche.”
A Lisa sembrò di toccare il cielo con un dito. Sorrise e la ringraziò, abbassando gli occhi.
“Non devi ringraziarmi, sciocca. Baciami, piuttosto.”

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