Il mattino la colse all’improvviso, sul letto ancora fatto su cui si era buttata la sera prima: i raggi di sole entravano, tra le tende della finestra aperta, annunciando una splendida giornata. Si diresse barcollando verso il bagno. Si guardò allo specchio, i capelli arruffati ed il trucco colato, e si sorrise: aveva ancora i resti degli schizzi di latte sul viso.
Mentre faceva la doccia non riusciva a smettere di pensare alla notte precedente, e sentiva una strana euforia crescerle dentro. Era successo, e sarebbe successo ancora quella sera, ed ancora, ed ancora...o forse no? Per la prima volta, dai tempi della sua adolescenza, si sentiva veramente felice, ma anche confusa ed indifesa.
Scese di sotto immersa in questi stati d’animo contrastanti, con la segreta speranza di entrare in cucina e trovarvi Milena ad accoglierla.
La cucina era invece deserta, la tavola apparecchiata per la colazione, i giornali del mattino ancora perfettamente piegati: sembrava che nessuno fosse ancora sceso. Guardò l’orologio alla parete, le undici e un quarto, e nello stesso momento, in lontananza, sentì il suono delle campane provenire da una chiesa. Realizzò così d’un tratto che era domenica.
“Disturbo?” Un leggero battere di nocche sullo stipite della porta aperta. Il professor Bohm si avvicinò sorridendo.
“Buongiorno, signorina Lisa: posso?” e così dicendo si sedette al tavolo, di fronte alla ragazza.
“Buongiorno. Pensavo che non lavorasse di domenica.”
“Infatti, non sto lavorando. Sto coltivando le mie passioni.” Disse questo con un sorriso ironico che, chissà perchè, irritò Lisa.
“E queste sarebbero, le sue passioni?”
“Mi piace anche viaggiare, leggere, mangiare bene. Ma niente ti può appassionare come vedere crescere i frutti del tuo lavoro...”
“Intende...Milena?”
“Intendo il progetto che stiamo portando avanti, anche grazie al suo appoggio e a quello di Gunther. Milena è solo una parte del tutto.”
“E...come sta, Milena? Pensavo di vederla qui giù, stamattina.”
Il dottore la fissò, lo sguardo acuto dietro alle lenti, il sorriso sempre accennato sulle labbra.
“Milena sta bene,” – disse infine – “le terapie la impegnano quasi continuamente, soprattutto quelle legate alla stimolazione meccanica. Le dico sinceramente: è una ragazza straordinaria, che ha fatto una scelta coraggiosa e sta onorando egregiamente il suo impegno. I risultati che stiamo ottenendo sono superiori ad ogni aspettativa anche grazie a lei.”
“E quali sono, questi risultati, se posso?” chiese Lisa, fingendo disinteresse.
“Il seno della ragazza ha risposto molto bene alle terapie ormonali: al momento la circonferenza del seno è di 184 centimetri in posizione eretta; nonostante ciò l’irrorazione sanguigna è ottima; l’aumento del tessuto mammario è andato di pari passo con la crescita della rete venosa ed arteriosa superficiale: le mammelle presentano una consistenza ed una elasticità veramente stupefacente. Oltre a ciò la produzione di latte ha raggiunto la quantità di dodici litri. Giornalieri.” Guardò la ragazza, come a soppesare l’effetto delle sue parole.
“Naturalmente lei capirà che tante attività quotidiane, anche il semplice camminare, possono diventare di difficile esecuzione.”
Lisa era stupita dalla freddezza scientifica con cui il professore Bohm stava parlando di un essere umano. Avrebbe voluto replicare parlandogli del calore che quel corpo emanava, la morbidezza al tatto di quegli enormi seni, il sapore paradisiaco del latte che usciva dai capezzoli...”
“Ancora latte?” disse allora il dottore, prendendo la bottiglia di vetro posata sul tavolo e sporgendosi verso di lei. Lisa lo guardò stranita, poi fece un cenno affermativo con il capo.
“Ma non sono passato per parlarle di Milena. Volevo parlarle di lei.”
Stava gustandosi il latte ad occhi socchiusi, cercando di indovinare quel particolare sapore che aveva gustato la sera prima. Le sembrava in tutto e per tutto latte di mucca.
“Io…cosa?”
“Volevo parlarle della terapia a cui intende sottoporsi. Penso che si possa procedere con sufficiente tranquillità, visti anche i risultati avuti sulla mia assistente, Elizabeth.”
Si era completamente dimenticata di questo aspetto della faccenda, del suo seno e del desiderio di renderlo ancora più abbondante di quanto già non fosse.
“Mi dica” – riuscì a dire.
“Pensavamo di iniziare domani con la terapia, diciamo, farmaceutica. Prima di tutto in mattinata procederemo agli esami di routine, quindi la prego di astenersi da una colazione abbondante come questa. In seguito le farò una visita medica, per verificare lo stato generale di salute e più in particolare quella del suo seno….”
“Non credo che ciò sia possibile, dottore…” Il dottore tacque, in attesa che la ragazza continuasse. Poi, dopo qualche minuto: “Vuole spiegarmi?”
Lisa parlò ad occhi bassi. “Io non posso essere toccata da nessun uomo.” Lo disse al dottore, ma anche a sé stessa, e sentì quelle parole appena dette, nessun uomo, in modo totalmente nuovo.
Nessun uomo. L’attrazione irresistibile che provava per Milena, l’eccitazione sessuale provata; le pareva che tutto avesse improvvisamente un senso. La voce del dottor Bohm la riportò alla realtà.
“Comprendo il suo... pudore.”
In realtà non aveva compreso niente, pensò Lisa.
“Credo che il problema possa essere facilmente superato, se così vuole. Può visitarla Elizabeth oggi pomeriggio: sarà qui a momenti per terminare alcune prove di laboratorio. Se tutto sarà a posto, come credo, potremo tranquillamente iniziare le terapie. A domani, allora.”
Si avviò verso l’uscita con passo deciso. Lisa sentì l’automobile partire ed il rumore del motore allontanarsi giù per la discesa. Rimase lì, nell’assoluto silenzio. La giornata fuori era fantastica; doveva fare qualcosa, qualsiasi cosa che la distraesse dal suo pensiero fisso. Cercò il cellulare e compose il numero di Gunther: rispose dopo pochi squilli.
“Ciao Lisa, tutto bene lì a casa?”
“Bene, grazie. Gunther, hai per caso un cavallo qui? Perché ho bisogno di un cavallo, subito.”
La cosa fece sorridere l’uomo: era tipico di Lisa ragionare in quel modo.
“C’è un vicino di casa che ha un maneggio: lo chiamo e vedo cosa si può fare.”
Lisa sapeva che da lì a poco il cavallo sarebbe comparso come per magia; era praticamente una certezza.
Stava per sedersi sul divano con una tazza di caffè caldo, quando sentì nell’atrio il tipico rumore di tacchi che fa una donna con una gonna troppo stretta. Comparve Elizabeth, infatti, in tailleur color crema e borsetta in pelle sotto il braccio.
“Ciao, Lisa. Stai, non volevo disturbarti.” Le fece un gesto con la mano aperta. “Stavo andando in laboratorio e il dottore mi ha chiamato chiedendomi se potevo...visitarti. Ma se vuoi facciamo più tardi...”
“No, no, per me va bene. Tra un pò esco a cavallo, quindi se facciamo subito...”
“Ok, seguimi in laboratorio, allora.”
Fece strada con passo svelto, fino al laboratorio in cui era entrata quel primo giorno di visita alla villa. La luce del sole, entrando dalle grandi vetrate, inondava l’ambiente di luce.
“Tu sei una ragazza giovane e sicuramente in ottima salute; ti risparmio le solite domande su malattie infantili etc...etc...”
Mentre parlava si tolse la giacca ed infilò un camice bianco. Molto professionale, pensò Lisa.
“Ti puoi...spogliare?”
A Lisa la cosa la stava divertendo, principalmente perchè aveva avvertito una lieve nota di imbarazzo da parte della giovane nel pronunciare quelle tre parole. Quindi, sfoderando uno sguardo esageratamente malizioso, si slacciò la minigonna di jeans, lasciandola cadere a terra: si girò di spalle e lentamente cominciò con i bottoni della camicetta, dall’alto verso il basso. Anche questa finì a terra, scivolando sulla schiena abbronzata. Rimase in mutandine e reggiseno bianco. Girò lo sguardo sopra alla spalla, e chiese: “Devo continuare?”
Elizabeth stava immobile dietro di lei, la bocca aperta dallo stupore. Non aveva mai visto un reggiseno del genere. La fascia sulla schiena della ragazza , le larghe spalline, le coppe di dimensioni smisurate: tutto sembrava teso all’inverosimile nello sforzo di contenere le grandi mammelle. Alla domanda aveva risposto: “Sì, ti prego”, poi era arrossita leggermente, forse pensando che quelle precise parole non fossero molto professionali.
Lisa si girò verso di lei mentre con le mani sganciava il reggiseno sulla schiena. Alla fine il reggiseno cadde anch’esso a terra, e parve che in realtà il suo scopo non fosse quello di sostenere, in quanto i grossi seni parvero appena rilassarsi, adagiandosi sul costato. Stavano comunque eretti, le vaste areole rivolte verso di lei.
“Ti… ti devo prendere qualche misura...sai…per verificare…”
Lisa era sempre più divertita da quella situazione.
“Certo fai pure.”
Con un metro Elizabeth cinse Lisa, prima ai fianchi, poi alla vita ed infine all’altezza dei seni.
“105,… 65,…148…” Non riuscì a trattenere un espressione di stupita contentezza.
“Wow, sei incredibile!”
Lisa rise, e replicò: “Grazie. E tu?” Le prese il metro di mano.
“Alza le braccia…”
“Ma…non mi sembra…”
“Vediamo un po’… 98, 60, 105. Tu invece sei uno scricciolo!” Elizabeth, rossissima in viso, cercò di darsi un contegno.
“Beh, tra le mie amiche adesso passo per una superdotata. Scusami, devo farti un veloce esame del tessuto...”
“Mi devi palpare, ho capito.”
Elizabeth, esitante, portò le mani sotto il seno di Lisa, e cercò di sollevarlo leggermente, come a soppesarlo: era incredibilmente pesante. Al contatto con le sue dita fredde i capezzoli si indurirono; Lisa la guardò compiaciuta.
“Ti piacciono?”
Elizabeth deglutì e fece cenno di sì con la testa.
Lisa, che stava appoggiata con i glutei ad un alto tavolo da laboratorio, vi appoggiò le mani e con un piccolo saltello ci si sedette. Le enormi tette sobbalzarono davanti agli occhi sbarrati della giovane dottoressa. Poi, con un filo di voce, le disse: “leccale.”
“Come...?”
“Hai capito. Leccamele.”
Elizabeth, esitante, portò le labbra verso il capezzolo: con la lingua gli girò lentamente attorno e poi si allontanò, come per constatare l’effetto.
Fu in quel momento che sentirono una voce provenire dalla porta aperta.
“Guarda guarda, si lavora anche di domenica, qui. La nostra giovane dottoressa fa gli straordinari.”
Milena si stava avvicinando a loro, il passo lento. Lisa avvertì una fitta allo stomaco nell’ammirarla: il suo incedere era maestoso, il movimento ondeggiante degli enormi seni quasi ipnotico. Indossava una ampia vestaglia di raso di seta e sotto, si intuiva, niente altro: il rilievo dei grossi capezzoli traspariva dal tessuto.
Sì sentì smarrita, quasi trafitta dallo sguardo indagatore di Milena.
Fu Elizabeth a cercare di rompere la tensione.
“Stavo visitando Lisa, in previsione delle terapie che dovrà iniziare domani...”
“Certo piccola, come no. Ho visto come la visitavi. Anzi, vista la mia esperienza diretta, potrei darti una mano anche io...”
Allungò la mano sul grande seno nudo, accarezzandolo; poi afferrò il capezzolo con pollice ed indice e strinse con forza. Lisa chiuse gli occhi ed avvertì come una scossa elettrica lungo la schiena, dalla nuca fin giù alle gambe. Sentì le lacrime salirle agli occhi e poi rigarle le guance; quando li aprì vide Milena, davanti a lei, guardarla con aria soddisfatta.
“Piccola Lisa, lo sai che abbiamo un appuntamento, io e te. Non mi deludere.” Girò su sè stessa e si incamminò verso l’uscita: anche se di schiena, si vedevano gli immensi seni dondolanti oscillare a destra e a sinistra della sua figura; poi con un tono appena più alto, senza voltarsi: ”Prima il dovere e poi il piacere, mie care.”
Le due ragazze rimasero lì immobili, come scioccate da quella apparizione.
lunedì 10 maggio 2010
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