Questi i pensieri che Lisa stava seguendo, mentre se ne stava sdraiata sotto il sole in quel primo pomeriggio di estate. Da quella prima volta Ibiza era diventata casa sua, e Dio solo sa quanto Gunther ci avesse visto giusto.
Grazie ad alcune sue conoscenze, Lisa comparve come guest model sul sito di una famosa pornostar tedesca. Poche foto in cui si mostrava per la prima volta al mondo del web e che bastarono per inchiodare il server per diverse ore.
In capo a pochi giorni furono contattati dalle più prestigiose riviste softcore americane, con proposte per servizi fotografici, apparizioni web o contratti di esclusiva; Gunther, che aveva già previsto tutto ciò, fu bravissimo a gestire l’immagine della ragazza, facendo crescere lentamente l’attesa per il suo vero debutto e concedendo a pochi siti l’anticipazione di una imminente uscita in grande stile. A dispetto di tutte le allettanti offerte, Lisa esordì sul suo sito creato appositamente, con un servizio fotografico che offuscò ogni precedente modella. In capo a tre settimane Lisa era universalmente riconosciuta come la modella con il seno naturale più grande del mondo. Niente a che vedere con quelle enormità che venivano dal mercato americano, donne che all’immensità dei loro seni abbinavano corpi obesi e debordanti: o a quelle modelle che esibivano all’obiettivo mammelle dure come palloni da basket. Lisa era semplicemente una stupenda ragazza che ad un 100 di fianchi e ad 65 di giro vita abbinava una doppia M di coppa, completamente naturale. Semplicemente stupefacente.
Lisa fu distratta dai suoi pensieri dal rumore di passi che giungeva dal patio retrostante.
“Ecco qua, un po’ di letture educative per la nostra star!” La voce di Gunther, la risvegliò definitivamente. Girò attorno al lettino e venne a sedersi sulla sedia a fianco, porgendogli un rotolo di riviste. “Lisa, non senza fatica, si alzò a sedere, le mammelle in avanti e le prese: Playboy, Scoreland, Big Ones. Cominciò a sfogliare distrattamente le pagine patinate, mentre Gunther, di ottimo umore, le parlava dei programmi per il giorno successivo, quando ad un tratto, aperta la pagina centrale di Voluptous, si fermò di colpo.
“E questa chi cazzo è?” disse, con un tono di voce leggermente stridulo. Gunther si allungò.
“Oh, questa nuova. Una texana di Austin, Mandy e qualcosa…”
“Mandy e qualcosa le palle! Ma hai visto che due tette!?”
“Lo sai come sono gli americani, prendono la loro mamma e la morphano…”
Lisa lo guardò con diffidenza, poi cominciò a sfogliare il servizio fotografico, alla ricerca di segni di ritocchi al computer. Niente. “Cazzo, queste sono proprio sue, e ha solo diciotto anni!”
Sentiva un moto di stizza crescere in lei. Poi le cadde lo sguardo sui dati biografici, e la stizza divenne irritazione vera e propria.
“Ecco, qui dice: seno, centocinquantadue centimetri!” Guardò esterrefatta Gunther ed esclamò, quasi urlando: “Ha più tette di me!”. Due ragazze, che stavano tranquillamente nuotando nell’acqua, si girarono stupite verso di loro.
Gunther non riuscì a trattenere una sonora risata. “Non avrei mai pensato che un giorno ti avrei sentito dire questa frase!”
Lisa non colse l’ironia della cosa, anzi buttò a terra la rivista ed incrociò le braccia sul suo grande seno.
Gunther si sporse verso di lei e le disse: “Non c’è nessun’altra come te, lo sai. Guarda quelle due ragazze che ho fatto venire da Monaco per il servizio…” Ammiccò verso le sue bagnanti in piscina… “Hanno una settima di seno abbondante, ma di fianco a te sembrano due ragazzine in età di sviluppo.”
Lisa sembrava chiusa nel suo mutismo. Poi proruppe.
“Non ho nessuna intenzione di stare dietro ad una contadinotta texana. Gunther, devo aumentarmi il seno.”
“Starai scherzando, spero.”
“Col cazzo che scherzo: voglio un seno più grosso, ma senza operazioni; gigantesco e naturale.”
Gunther conosceva bene Lisa: in certi momenti non riuscivi a ragionarci. Negli anni aveva maturato via via un carattere estremamente forte: nei confronti dei collaboratori o delle altre modelle assumeva atteggiamenti autoritari, spesso per motivi futili al solo scopo di sancire la sua superiorità, e in quei momenti non potevi fare altro che assecondarla, se non volevi trovarti in guai molto più grossi.
“Magari quest’anno a Dicembre lo chiediamo a Babbo Natale…”
Lisa chiuse la conversazione con un sonoro vaffanculo, si alzò dal lettino e si diresse a passi veloci verso la villa, lasciando Gunther e le due ragazze a bocca aperta.
Salì velocemente le scale di pietra che portavano alla sua stanza da letto, entrò e sbattè sonoramente la porta. Aveva il cuore a mille, non tanto per le scale salite in tutta fretta, quanto per il moto di rabbia che sentiva crescere in corpo.
La stanza era in penombra: la luce forte del sole entrava appena tra le feritoie delle persiane, attenuata dalle tende trasparenti. A poco a poco i suoi occhi si abituarono alla semioscurità ed il respiro tornò regolare. Si mise di fronte al grande specchio che ornava la parete di fronte al letto, gambe larghe e pugni sui fianchi. Poi allungò le mani dietro la schiena, a cercare i laccetti e tirandoli con decisione si sfilò il reggiseno. Stette lì a contemplarsi.
Dai tempi di Amburgo, i suoi diciotto anni, il suo corpo era cambiato. Le sue forme avevano acquisito più morbidezza; i fianchi più rotondi, le braccia più tornite, le cosce muscolose.
Fece scivolare entrambe le mani, dalle clavicole giù verso le areole, a seguire le morbide curve. Anche i grossi seni avevano acquistato un paio di taglie. La pelle era ora più ambrata e la leggera abbronzatura la rendeva serica alla vista. Non una imperfezione, non un segno di smagliatura. Avevano perso in parte quell’aspetto turgido dell’adolescenza, rendendosi più morbidi nella loro rotondità. Rimaneva comunque un mistero per lei come potessero erigersi così, quasi verso l’alto a dispetto della loro pesantezza.
Entrò in bagno, si denudò completamente e fece una lunga doccia calda. Ne uscì avvolta da un asciugamano fermato sotto alle ascelle e si adagiò sul letto intatto.
Il contatto con le fresche lenzuola le procurò un brivido lungo la schiena: aprì l’asciugamano e, ad occhi chiusi, si cercò i capezzoli. Erano già eretti, proporzionati alle dimensioni delle mammelle, grossi e duri. Lì tirò dolcemente verso l’alto, rilasciandoli di colpo, ed il tremolio della carne sembrò arrivare fino al pube. Continuò così per un pò: poi, senza guardare, allungò la mano verso il cassetto del comodino. Ne estrasse un affare in morbida gomma, liscio al tatto, fattezza umana ma dimensione animale. Lo azionò: la vibrazione era accompagnata da un lieve ronzio; se lo fece scivolare, giù verso la vagina. Seguiva il movimento sempre ad occhi chiusi, mordendosi il labbro inferiore. Poi, dopo pochi minuti, con un ampio gesto del braccio lo gettò lontano, verso la porta; il ronzio si fermò.
Al diavolo, se non c’era qualcuno a guardare non c’era proprio gusto. Così, nuda sul letto, si addormentò.
mercoledì 10 marzo 2010
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