Il vento caldo e salmastro saliva dalla costa verso le prime colline: passava tra le tamerici e le pinete, portando fin sul bordo della piscina il profumo degli alberi resinosi. Era una splendida giornata di sole di inizio estate ad Ibiza.
Lisa era sdraiata su di un lettino, le gambe piegate e le braccia sottili abbandonate al di sopra del capo. Aveva 24 anni, occhi verdi, labbra carnose e lineamenti morbidi, quasi da bimba, capelli color miele su una carnagione insolitamente abbronzata per una donna nata in Danimarca: la natura l’aveva dotata di un fisico slanciato che qualsiasi uomo avrebbe definito perfetto, se non fosse stato per una piccola anomalia.
Lisa aveva un seno enorme. E non enorme secondo l’accezione quotidiana del termine: non una quinta od una sesta che già avrebbe provocato imbarazzo a molte altre ragazze. Lisa aveva un seno che sarebbe stato definito enorme anche secondo i canoni estetici di una ballerina di topless bar di Las Vegas, assolutamente sproporzionato e, cosa ancora più incredibile, assolutamente naturale. Mentre giaceva semiaddormentata sotto i raggi del sole, le sue mammelle si adagiavano dolcemente a fianco del suo torace definito, appena sostenute dai laccetti di un bikini nero.
Lisa era, già da diversi anni, conosciuta universalmente come la modella con il seno naturale più grande al mondo. Un prodigio non solo per le dimensioni, ma perchè, a differenza di tante sue colleghe, Lisa esibiva la sua dote con una disinvoltura unica. Era proprio l’innata naturalezza con cui si muoveva, camminava e faceva qualsiasi gesto quotidiano che colpiva chi si trovava a guardarla; i suoi grossi seni, la cui pesantezza si indovinava dalla morbida curva formata dal loro adagiarsi sul busto, sembravano comunque ignorare la forza di gravità, in modo quasi impertinente.
La pelle ancora bagnata, un piacevole brivido provocato dalla brezza leggera: Lisa era sdraiata, gli occhi chiusi fissi verso il sole. Stava seguendo i ghirigori dei suoi pensieri inconsciamente, in una sorta di piacevole torpore.
Pensò, forse per contrasto con quel vento caldo che la sfiorava dolcemente, al giorno in cui la sua vita cambiò.
Era partita la notte precedente dal suo piccolo paese, in Danimarca, qualche giorno dopo la morte della madre. L’unica decisione certa al momento era che non sarebbe tornata indietro; si era lasciata alle spalle l’istituto tecnico, qualche ragazzotto che le sbavava dietro ed un’adolescenza piena di umiliazioni.
Aveva smesso ogni attività fisica all’età di quindici anni, non a causa del peso del suoi seni ma delle continue prese in giro delle compagne e degli sguardi vogliosi dei coetanei: aveva passato anni ad infagottarsi in larghi maglioni per nascondere, anche a se stessa, quanto fosse diversa dalle altre. Quando sua madre morì capì che da sola non avrebbe potuto sostenere tutto ciò. Capì anche che, se doveva avere addosso gli occhi di tutti gli uomini che incontrava, tanto valeva farlo per soldi.
Così quella mattina, dopo essere scesa ad Amburgo e mangiato un panino al bar della stazione, si incamminò sotto la neve verso il quartiere a luci rosse. Passeggiò su e giù per la via principale forse per un’ora. Cercava un locale diverso, che in mezzo allo squallore della fredda luce invernale potesse, chissà come, infondergli coraggio e fiducia.
Alla fine si fermò davanti ad uno strip club, non perchè fosse meglio o peggio degli altri, ma perchè una signora anziana, unico essere vivente nei dintorni, stava pulendo l’ingresso.
“Scusi, c’é il principale?” – chiese.
La donna la squadrò, appoggiandosi con entrambe le mani sulla scopa.
“Su per la scala qui di fianco, porta a destra”.
Lisa ringraziò e cominciò a salire i gradini, tirandosi appresso il pesante trolley. Sul pianerottolo si fermò a prendere fiato, si ricompose e bussò ad una porta ricoperta da strati su strati di vernice nera.
“Avanti” – fece la voce all’interno. Lisa aprì la porta ed entrò.
Non era l’ufficio che si sarebbe aspettata di trovare sopra ad un night club. Era innanzitutto caldo ed accogliente, con la moquette al pavimento e pareti rivestite in legno: notò immediatamente che non vi era nemmeno una foto di donna nuda, cosa che si era naturalmente aspettata di trovare; l’arredamento consisteva in un vecchio divano in pelle, una scrivania di legno scuro, uno schedario in metallo e centinaia, forse migliaia di bottiglie di whisky. Vi erano casse in legno e bottiglie sfuse ovunque, sui ripiani, sul mobile a fianco della porta di ingresso, sulla libreria. Notò che nessuna di queste sembrava essere stata usata, nessun bicchiere vuoto in vista.
L’uomo seduto dietro alla scrivania, che la stava guardando da sopra gli occhiali, era un signore in carne, con una barba curata e occhi attenti. Tutto quadrava in lui, a parte gli occhiali che sembravano, in qualche modo, fuori posto.
Gunther, così si chiamava, beveva troppo per essere un intenditore e troppo poco per essere un alcolizzato. Aveva trovato, a differenza di molti, un suo equilibrio, anche conducendo una vita così “particolare” come quella del proprietario di night club. L’abitudine e l’esperienza l’avevano allontanato negli anni dagli altri vizi a cui certi ambienti forzatamente ti conducono e così, a sessant’anni, viveva la sua professione con la consuetudine di un qualsiasi impiegato.
La ragazzona che gli si presentò davanti aveva i capelli bagnati, portava un pesante eskimo e una grossa sciarpa attorno al collo, anfibi gocciolanti ai piedi che l’uomo osservò con disapprovazione. Nel complesso poteva sembrare un’adolescente al limite dell’obesità, con questo cappotto esageratamente sporgente sul davanti.
“Mi chiedevo se per caso steste cercando qualche ragazza per il locale...” - esordì Lisa.
“Ti spiacerebbe innanzitutto chiudere la porta?”
Lisa si guardò indietro, imbarazzata, ed eseguì.
“Ti chiami?”
“Lisa” – rispose lei.
Gunther la fissò a lungo negli occhi. Lisa abbassò lo sguardo.
“Magari prova a toglierti qualcosa di dosso”.
La ragazza si avvicinò al divano, srotolò la sciarpa e si tolse l’eskimo, appoggiandolo al bracciolo.
Il cappotto aveva rivelato un maglione di lana grezza norvegese, al di sotto del quale si indovinava un rigonfiamento innaturale. L’uomo si staccò dallo schienale e appoggiò gli avambracci alla scrivania, sporgendosi in avanti; poi, dopo un minuto di silenzio, fece un gesto con la mano, come ad invitarla a continuare.
Lisa tolse il maglione, lo buttò sul divano e rimase lì in piedi, con una t-shirt tanto attillata da sembrare sul punto di cedere. Ora no, non sembrava più obesa: le braccia erano esili, la vita sottile, la figura longilinea.
E i seni pieni e debordanti, le cui curve coprivano completamente la braccia abbandonate lungo i fianchi, i seni più grossi che lui avesse mai visto nella sua personale esperienza, lo stavano guardando. O almeno così gli era sembrato in quell’istante.
A completare l’attimo, forse per l’imbarazzo della situazione, il tessuto di cotone lasciò intravedere il rigonfiamento dei grossi capezzoli.
Aveva un reggiseno, un grosso reggiseno da signora le cui linee si intuivano sotto alla maglietta: Gunther poteva proseguire o fermarsi; sarebbe bastato un altro gesto con la mano. Ma non voleva mettere in imbarazzo quella ragazza più del necessario: così decise di riservarsi la sorpresa per quella sera stessa.
In quell’attimo di silenzio Lisa capì, e sorrise leggermente.
“Sei Maggiorenne?” - chiese Gunther.
“Diciotto anni appena compiuti.”
Seguì un altra pausa che a Lisa parve lunghissima.
“Qui facciamo tre spettacoli a sera, alle 22,00, alle 24,00 e alle 2,00: fanno 30 euro a spettacolo, più le mance, ovviamente. Se vuoi cominci anche stasera.”
“Per me va bene, solo...” – disse lei.
“Solo..?”
“Sa, non ho mai fatto niente del genere, non so se sarò in grado...”
“Ragazza, non siamo mica al Crazy Horse, qui: quello che hai basta e avanza.”Lisa prese le sue cose dal divano, si rivestì, ed uscendo dall’ufficio rispose con voce volutamente cantilenante: “ Se lo dice lei...”
sabato 13 febbraio 2010
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Beh, visto che nessuno posta, il primo commento me lo faccio da solo.
RispondiEliminaSolo per dire, a chi avrà la voglia di leggere questo romanzo, che non è casuale che tutto cominci il giorno di San Valentino...
Ciao è interessante il primo capitolo...chissà come continua.......ma sei un maschio?
RispondiEliminaPerchè non dovrei esserlo?
RispondiEliminaCiao Flower, complimenti!!!
RispondiEliminaBravo, racconto ben scritto, non vedo l'ora di leggere il seguito!:-)
Moonlight
Grazie Moonlight: visto il tuo interesse, ed il fatto che per un pò avrò altro da fare, ti posto il secondo capitolo. Fammi sapere, ciao.
RispondiEliminaAspettiamo il terzo ;) Gigi
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